Mario Gattiker va in pensione
Mario Gattiker ha diretto la Segreteria di Stato della migrazione durante dieci anni. In questo periodo la politica migratoria della Svizzera si è riposizionata in quasi tutti i settori.
Mario Gattiker ha diretto la Segreteria di Stato della migrazione durante dieci anni. In questo periodo la politica migratoria della Svizzera si è riposizionata in quasi tutti i settori.
Per 36 anni Mario Gattiker si è occupato di temi legati alla migrazione. E non si è «mai annoiato nemmeno un secondo». Nessun tema è più appassionante - e anche più controverso ed emozionale - della migrazione, afferma Mario Gattiker in occasione del suo pensionamento alla fine del 2021.
Negli ultimi 20 anni Mario Gattiker ha contribuito a dare forma alla politica svizzera in materia di migrazione in seno all’Amministrazione federale, durante l’ultima decade in qualità di direttore dell’Ufficio federale della migrazione, divenuto nel 2015 la Segreteria di Stato della migrazione. In questi 20 anni al DFGP, Mario Gattiker ha lavorato per un consigliere federale e quattro consigliere federali. «Anche questo è stato molto stimolante, talvolta sfidante e sempre fonte di nuovi insegnamenti.»
Molte cose sono successe solo negli ultimi dieci anni in cui Mario Gattiker ha guidato l’ufficio: in questo periodo la SEM ha
In occasione del suo pensionamento, Mario Gattiker getta uno sguardo retrospettivo sullo scorso decennio. 10 anni in 10 parole chiave:
Alla fine del 2011 il DFGP si è posto l’obiettivo di ristrutturare il settore dell’asilo e di velocizzare le procedure d’asilo, che allora si estendevano spesso sull’arco di diversi anni. La Confederazione e i Cantoni hanno sviluppato un assetto comune: decentralizzazione delle procedure d’asilo e stretta collaborazione fra tutti gli attori - gratuito patrocinio per i richiedenti l’asilo compreso - in centri d’asilo gestiti dalla Confederazione.
Le nuove procedure sono state testate e costantemente sviluppate nel quadro di una fase di test svolta dal 2014 a Zurigo. I risultati positivi di questa fase di test sono indubbiamente uno dei motivi che hanno indotto il Popolo svizzero, nel giugno 2016, ad accogliere la nuova legge sull’asilo con quasi il 67 per cento dei voti. La legge è entrata in vigore il 1° marzo 2019. Nella pratica è apparso che le decisioni rapide dissuadono i migranti senza opportunità di ottenere protezione dal depositare una domanda d’asilo.
Le nuove procedure celeri funzionano. Rispetto al passato, i richiedenti l’asilo apprendono più rapidamente se potranno rimanere in Svizzera o se dovranno lasciare il nostro Paese. Di conseguenza possono accedere rapidamente a programmi di integrazione che li aiutano a costruirsi una nuova vita.
Per me è sempre stato molto importante che, nonostante i termini procedurali abbreviati, le procedure d’asilo fossero conformi allo stato di diritto. E infatti questo è dimostrato, e lo si deve anche ai rappresentanti legali che svolgono un lavoro importante nell’ambito delle procedure d’asilo.
Per quanto riguarda il settore dell’asilo, rilevo con piacere lo strumento del reinsediamento, «rinato» nel 2013 in relazione alla crisi siriana. Grazie a questo strumento, i rifugiati più vulnerabili - perlopiù bambini e donne - possono entrare legalmente in Svizzera e trovarvi protezione nel quadro di contingenti specifici. Ciò sgrava inoltre Stati di primo asilo economicamente deboli nelle regioni di conflitto. Nel quadro della cosiddetta crisi dei rifugiati 2015/2016 abbiamo inoltre partecipato al programma di ricollocazione, teso a sgravare l’Italia e la Grecia, particolarmente sollecitate a causa della loro posizione alla frontiera esterna Schengen. La Svizzera è stata tra i pochi Paesi che, ossequiando i propri obblighi, hanno ammesso dei richiedenti l’asilo - 1500 nel nostro caso.
Dall’entrata in vigore della nuova legge sull’asilo, un numero nettamente maggiore di richiedenti l’asilo soggiorna per un periodo protratto nei nostri centri federali d’asilo. Questo ci ha costretti a riorganizzare completamente il funzionamento dei centri. Come sapete, abbiamo già adottato alcuni adeguamenti. Oggi nei centri d’asilo sono presenti più persone addette all’assistenza e meno persone incaricate della sicurezza. Le persone residenti nei centri federali d’asilo sanno che saranno trattate in modo corretto e rispettoso. Non tolleriamo nessuna scorrettezza e reagiamo immediatamente qualora un membro del personale non si attenga alle regole.
Una politica d’asilo efficiente e credibile non implica soltanto procedure celeri e corrette, ma anche una politica coerente in materia di rimpatrio. Anche qui siamo sulla buona strada. Il numero di persone che tornano volontariamente in patria continua ad aumentare. Questo grazie a un sistema intelligente di aiuto al ritorno. Prima un richiedente l’asilo decide di tornare in patria, maggiore sarà l’aiuto finanziario di cui beneficerà. Ma soprattutto, grazie a progetti nei Paesi d’origine nel quadro di partenariati e accordi in materia di migrazione, siamo in grado di offrire a molti richiedenti l’asilo una prospettiva d’avvenire in patria.
Anche per quanto riguarda i rimpatri coatti possiamo vantare ottimi risultati grazie alla buona cooperazione con numerosi Stati di provenienza: nel 2019, il 51 percento di tutte le persone con decisione d’asilo negativa aveva lasciato il nostro Paese sotto il controllo delle autorità – mentre nell’UE tale proporzione è del solo 29 percento. Numerosi Stati europei ci invidiano questa percentuale. Dal 2011 abbiamo eseguito 82 000 partenze controllate o rimpatri dopo una decisione d’asilo negativa.
Nel contesto del conflitto siriano (IS), degli attentati terroristici di Parigi e Bruxelles e di altri attentati terroristici, il tema della sicurezza ha assunto un’importanza molto maggiore anche alla SEM. La cooperazione con altri Stati è stata intensificata, per esempio grazie a nuovi strumenti Schengen (SIS II, settore ingressi e visti, collegamento di banche dati all’insegna dell’interoperabilità). Abbiamo intensificato anche la collaborazione con le autorità federali in materia di sicurezza, nello specifico con il SIC e con fedpol. Oggi la SEM dispone di un incaricato per la migrazione e la sicurezza interna, una nuova funzione a livello di direzione.
La pressione migratoria globale è più forte che mai. La politica internazionale e svizzera in materia di migrazione e rifugiati, pertanto, deve intervenire già nelle regioni di provenienza e lungo le rotte migratorie ai sensi di una politica migratoria estera attiva. La politica d’asilo nazionale, dal canto suo, deve integrarsi nella politica europea in materia di migrazione e d’asilo. Infatti, in quanto Paese associato a Schengen, la Svizzera fa parte dell’area Schengen.
Il nostro Paese conduce una politica migratoria estera molto attiva:
La nostra politica coerente e credibile in materia di asilo e di rimpatrio e la politica migratoria estera attiva attuata dalla Svizzera si riflettono nella quota di protezione, che al momento si aggira attorno al 60 percento. Poco dopo la mia entrata in funzione, nel 2012, era del 19 percento circa. Al tempo stesso la Svizzera ha inoltre perso della propria attrattività quale Paese d’asilo, scendendo nella graduatoria degli Stati europei di destinazione dei richiedenti l’asilo. Questo significa che a depositare una domanda d’asilo in Svizzera sono soprattutto persone che hanno veramente bisogno di protezione. Chi non ha diritto alla nostra protezione deve lasciare rapidamente la Svizzera e, consapevole di questo fatto, nella maggior parte dei casi rinuncia a chiedere asilo nel nostro Paese. Queste persone proseguono il loro viaggio verso altri Stati, nei quali la procedura d’asilo promette un soggiorno più lungo oppure nei quali i rimpatri non sono eseguiti con la medesima coerenza. Nove migranti su dieci intercettati a Chiasso tornano in Italia e non vogliono depositare una domanda d’asilo in Svizzera. Negli ultimi cinque anni, circa 125 000 persone sono state riconsegnate alle autorità italiane dopo essere state intercettate all’atto di attraversare illegalmente il confine.
Pochi Paesi sono marcati dall’immigrazione quanto la Svizzera. L’immigrazione in Svizzera è molto legata alla libera circolazione delle persone convenuta con l’UE. Il costante afflusso di manodopera dall’UE copre il fabbisogno della nostra economia scatenando però al tempo stesso delle paure e mettendo le persone sulla difensiva. Lo si è visto con la decisione del Popolo, il 9 febbraio 2014, di accogliere l’iniziativa sull’immigrazione di massa. Quale conseguenza e in risposta a questa decisione popolare, la Svizzera ha maggiormente regolamentato l’immigrazione legale e oggigiorno la controlla in modo più attivo:
Tutte queste misure mirano a garantire la pace sociale in Svizzera. Questo è tutt’altro che scontato in un Paese che riunisce quattro lingue e culture diverse e che è così profondamente segnato dall’immigrazione. È una sfida continua dover far combaciare gli interessi di un’economia prospera e forte con una buona coesione sociale. Finora direi che ci siamo riusciti abbastanza bene.
Anche in questo settore la situazione è profondamente cambiata negli ultimi dieci anni. Nel 2014 abbiamo avviato con i Cantoni i Programmi cantonali d’integrazione (PIC), volti a sfruttare e promuovere in maniera più mirata e uniforme il potenziale dei migranti. In risposta alla crisi dei rifugiati del 2015, i PIC 2018 sono stati completati tramite l’Agenda Integrazione Svizzera (AIS). Lo scopo perseguito con l’AIS è quello di consentire, in particolare a rifugiati e persone ammesse provvisoriamente, di accedere in maniera rapida e duratura a una formazione e al mercato del lavoro. A questo scopo la Confederazione ha accresciuto la somma forfettaria a favore dell’integrazione. I Cantoni, dal canto loro, seguono un approccio incentrato su un processo integrativo valido per tutti. Questo processo deve intervenire a uno stadio precoce. Comprende un accertamento a tutto campo del potenziale, un accompagnamento durante l’intero processo nonché misure tese a garantire che le persone interessate possano apprendere rapidamente una lingua nazionale e accedere a offerte di formazione. Il nostro obiettivo comune è che, cinque anni dopo l’entrata nel nostro Paese, due terzi dei giovani stiano seguendo un apprendistato e che metà degli adulti, sette anni dopo l’entrata, si sia integrata nel mercato del lavoro. A titolo complementare, la Confederazione ha avviato con i Cantoni e con le organizzazioni del mondo del lavoro i cosiddetti pretirocini d’integrazione, tesi a preparare i giovani in maniera mirata a una formazione professionale. I primi risultati sono molto promettenti. Nel primo anno, circa due terzi dei partecipanti hanno trovato un apprendistato.
Gli importanti investimenti finanziari a favore di queste misure integrative consentiranno di evitare più tardi ingenti spese nel settore sociale, giacché a medio termine le persone che beneficiano di queste misure saranno in grado di provvedere al proprio mantenimento e a quello dei loro familiari.
Quando ho assunto la direzione della SEM, nel 2011, la soddisfazione dei dipendenti e la loro identificazione con l’ufficio erano per così dire sotto la suola delle scarpe. La SEM usciva allora da anni difficili. Negli ultimi dieci anni abbiamo investito molta energia per migliorare la cultura dell’ufficio e la cultura di conduzione, focalizzandoci in particolare sulla partecipazione dei dipendenti e coinvolgendo la commissione del personale. Eravamo consapevoli dell’immane bagaglio di conoscenze specialistiche al quale potevamo attingere. Questi sforzi hanno dato frutto: abbiamo attuato la revisione della legge sull’asilo e la riorganizzazione del sistema d’asilo praticamente con le nostre sole forze, senza tanto sostegno dall’esterno. Molti dipendenti della SEM hanno contribuito personalmente, nel quadro di questo complesso quanto esigente progetto, ai buoni risultati conseguiti. È stato un lavoro di squadra di cui vado fiero.
Anche dalle inchieste sul personale emerge che abbiamo fatto costanti progressi e che attualmente ci troviamo piuttosto avanti nella graduatoria dell’Amministrazione federale. Per un ufficio esposto e criticato come il nostro, trovo che sia una dimostrazione di grande maturità. Non dimentichiamolo: negli ultimi dieci anni la SEM ha dovuto confrontarsi con niente meno che tre crisi di rilievo, con conseguenze ingenti per il settore della migrazione:
Sono davvero felice di poter trasmettere alla nuova direttrice Christine Schraner Burgener una SEM così efficiente e ben posizionata.
La SEM senza Mario Gattiker è diventata inimmaginabile. Nessuno quanto lui ha segnato profondamente la politica migratoria svizzera. Sotto la sua direzione la SEM è diventata un’autorità migratoria che molti altri Paesi europei ci invidiano. Mario Gattiker ha fronteggiato le crisi, messo in atto il nuovo sistema d’asilo con procedure celeri, instaurato una collaborazione efficace con i Cantoni e con gli Stati partner europei ma anche con numerosi Stati d’origine nel settore del ritorno e ha messo in campo una politica integrativa di grande successo. Pochi altri Paesi possono competere con la Svizzera nell’offrire buone prospettive a lungo termine nel proprio mercato del lavoro e nella propria società a persone di altre culture. È vero, le relazioni con l’Unione europea hanno conosciuto tempi migliori, eppure le relazioni bilaterali e la libera circolazione delle persone continuano a funzionare e ad assicurare il nostro benessere. Anche in questo vi è un grande merito di Mario Gattiker, che ha passato innumerevoli ore a Bruxelles a negoziare e spiegare le peculiarità svizzere.
Ho trovato in Mario Gattiker un direttore estremamente competente, determinato, impegnato, analiticamente brillante e dotato di grande prontezza mentale, che ama le sfide e dà il meglio di sé quando la pressione è alta. Lontano dai palcoscenici politici e dai riflettori dei media ho imparato a conoscerlo anche come una persona spiritosa, calorosa, curiosa e aperta. La sua capacità di entrare in contatto con tutti, di ridere con loro, di ascoltarli e di prenderli sul serio ha aperto molte porte, anche in situazioni difficili. Come molti di voi, sentirò la mancanza di Mario Gattiker – come direttore e come persona. Ma sono sicura che ci rivedremo in altri contesti.
I miei migliori auguri per tutto, Mario!
Consigliera federale Karin Keller-Sutter
Berna, novembre 2021